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Le  origini  di questo paese si perdono lontane nei secoli che furono. Pare sia sorto  nell’VIII  secolo  a.C.  ad  opera dei Pelasgi. Costoro, nel loro scorrere attraverso l’Italia Meridionale e la Lucania, s’imbatterono nelle nostre terre e vi  si  fermarono.  I  monti  coperti  di  boschi,  le  rocce  possenti,  in  cui abbondavano  grotte  naturali, il torrente che scorreva a valle, l’aria salubre, dovettero  fare  loro  apparire  questo  posto  sicuro  e  ricco  di  promesse. Avrebbero, infatti, ricavato dai boschi combustibile, frutti e selvaggina; dalle rocce  le  prime  rozze  abitazioni  e  dal  torrente  l’acqua per i mille bisogni.I  Pelasgi  costruirono le loro prime abitazioni nella parte bassa, per celarsi al nemico  e per vivere tranquilli, e innalzarono sulle rocce, come posti di difesa e  di  vedetta,  delle  costruzioni  fatte  di  blocchi  sovrapposti, che  alcuni decenni fa ancora si potevano notare sulla roccia chiamata “Ostiello”. Questi antichi  abitanti delle nostre terre rimasero signori incontrastati fino all’arrivo dei  Greci, al tempo della  Magna Grecia. Pare siano stati proprio  quest’ultimi conquistatori  a  dare  il  nome  alla  cittadina,  aggiungendo all’antica Pietra “Portesa”,  (devastata,  rovinata) come  all’abitato  confinante  aggiunsero “Partiata” o “Preciata” o “Preciata” (da Il TEMPO 19-9-68 D. Ettorre). Questo nome  nel  tempo  si  modificò fino a diventare Pietrapertosa. I Greci dettero una  nuova  forma  all’abitato:  lo  sistemarono  ad  anfiteatro  e  ampliarono il  sistema  difensivo:  ne  fecero  una  fortezza naturale. Il Convento di San Francesco  ricorda  una  fortezza  greco – romana.  Al  tempo delle invasioni di Annibale giunsero i Romani, scacciarono i Greci e fecero di Pietrapertosa la loro  Curtis  e  il loro Oppidum. I padroni del mondo, lasciarono il ricordo della loro  civiltà,  della loro  lingua  ( nel  dialetto  pietrapertosano  conserviamo ancora  parole  e  frasi  latine, anche se volgarizzate ne cito alcune: “pupa”, “scola”,  “longa”,  “crai”,  “pscrai”,  “capa di puella”,  “mala tempora curra” (preciso che  ho riportato  parole e frasi come sono pronunciate qui), e della loro  religione. Iniziarono  le  invasioni  barbariche  e Pietrapertosa non ne fu esente.  Vennero  Goti,  Bizantini,  Longobardi,  Saraceni, Normanni e Svevi: tutti  lasciarono  la  propria  impronta.  Pietrapertosa  divenne poi feudo e fu venduto  da  un  Signore all’altro fino all’abolizione del sistema feudale. Seguì poi  la  vita  civile,  politica  e  religiosa  di  ogni  altro  paese  del Meridione, conobbe  i  sacrifici  imposti  dalle  guerre,  la  tristezza  dell’emigrazione,  la dolcezza  del  ritorno,  l’ebbrezza  di  ogni  vittoria.  Fu  e  rimane  una terra generosa e nobile.

PERSONAGGI ILLUSTRI

Francesco Torraca

Nacque  il  18  febbraio  1853  a  Pietrapertosa e si trasferì a Napoli all’età di sedici  anni,  dove risiedeva da anni il fratello maggiore Michele. Fu discepolo del Settembrini e del De Sanctis ed ebbe contatti con tutti i più grandi critici letterari  del  tempo;  scrisse  sui  giornali,  fu  professore  di lettere, illustre storico  e  dantista, provveditore agli studi di Forlì, funzionario della Pubblica Istruzione,  Capo  Gabinetto  del Ministro Emanuele Gianturco, quando quello fu a capo della  Minerva, infine,  professore  di  Letteratura Comparata prima e  di  Letteratura  Italiana  poi  presso  l’Università di Napoli . Morì nel 1938.

Don Oreste Ettorre

Nato a Pietrapertosa il 27 settembre 1919, compì studi regolari nei seminari di Potenza e di Salerno. Venne ordinato  sacerdote il 10 giugno 1945. Fedele alla  sua  vocazione  svolse  il  Ministero Sacerdotale per 54 anni dal 1945 al 1999. Non si allontanò mai dalla “sua” Pietrapertosa, se non per frequentare a  Roma,  presso  la biblioteca Vaticana,  i corsi di Paleografia e Diplomatica. Avrebbe potuto  intraprendere la  carriera accademica, ma il suo legame con la  terra  d’origine  lo  indusse  a  rimanere  “umile parroco” tra la sua gente. Promotore  culturale  ante  litteram,  sua  fu  l’iniziativa  di  avviare “il punto d’ascolto televisivo” che  rappresentò verso la fine degli anni ’50, solo l’inizio della  sua  attività di  docente.  Tante  “giovani  promesse” locali  si  sono avvicendate  nel  salone  della sua biblioteca  per poter accedere, con il suo sostegno, ad un mondo culturale che, in quei tempi, era un altrove sognato, ma  spesso  negato  dalle precarie condizioni economiche. Agli inizi degli anni ’60  fondò la  Scuola  di  Avviamento  Statale,  diventata poi, Scuola Media “Francesco  Torraca”.  Fu  convinto  sostenitore  della    necessità   di alfabetizzazione  delle  zone rurali, appoggiò con forza l’apertura di numerose scuole  di  montagna  nelle  zone impervie ed isolate, abitate negli anni ’50 e ’60 da prolifiche famiglie di  contadini. Presidente della F.I.S.M. (Federazione Italiana Scuole Materne),  ne  condivideva  i  principi  cristiani  e la proficua opera  di  assistenza all’infanzia. Iscritto dal 1947 al Touring Club ne divenne console nel 1961, contribuendo  a  promuovere  le iniziative dell’associazione e le  attività turistiche. Con il Prof. Piero Biscardi collaborò alla stesura delle due  Guide  Rosse  sulla  Basilicata  del  1965  e  del  1980.  Appassionato di archeologia,  con  quel  tanto  di  dilettantesco  che  porta  a scoperte insospettabili, negli anni giovanili, soleva percorrere le contrade del territorio di Pietrapertosa, alla ricerca di reperti  che  avvalorassero  le  sue  teorie, le sue  suggestive  ipotesi. Parlava degli antichi splendori della terra natia e ne scriveva,  anche,  sulla sua Olivetti 32, in note inedite che, in forma poetica ed  evocativa,  risalivano  alle  origini mitiche della Grande Petra. Secondo le sue  teorie,  Pietrapertosa  avrebbe  sostenuto  un ruolo non marginale nelle vicende  della  grande  Storia. Le  sue  affascinanti  ipotesi,  apparivano verosimili, perché inserite in un contesto di conoscenze storiche. Personalità poliedrica, i molteplici interessi di studioso non lo allontanarono mai dalla sua missione di  Sacerdote  che esercitò con fede encomiabile, tra la sua gente, fino  alla  morte,  avvenuta  l’ 8  marzo  del  2004.

Aniello Colluzzi

Nacque il 21 giugno 1806 a Pietrapertosa da Giuseppe e Teresa Zottarelli. Si rivelò uno  dei  chirurghi  più audaci  dell’epoca  e la sua fama, come scrive Vincenzo  Marsico,  è   legata  all’abilità con  cui  pratica  “fulmineamente l’operazione  della  pietra”  (estrazione  dei  calcoli dalla vescica) col metodo perineale napoletano. Definito dal Guidone nei suoi “Profili”, un uomo di genio, attivo, gioviale,  arguto  e  disponibile, il Prof. coluzzi, chiaro e ordinato nelle lezioni, è molto stimato  dagli  allievi in quanto sceglie spesso i casi clinici più importanti nella sua Sala e li presenta alla  discussione collettiva, dalla quale emerge “quel sano orientamento,  che  è fonte del vero intuito clinico”. Dalla sua  scuola  escono  operatori  illustri  come  Ottavio  Morisani,  decano dell’Ostetricia  italiana,  Giuseppe Mazziotti, chirurgo e sifilografo, Francesco Dattilo. Aniello Coluzzi trascorre l’infanzia nel paese natio in famiglia, affidato alla  cure  di  don  Giacomo  Zottarelli, prete liberale. Perso il padre in tenera età,  rimane  privo  di  mezzi. Ma,  grazie all’aiuto di un certo Rocco Scienzo, continua  gli  studi  a  Napoli,  dove,  disepolo di Leopoldo Chiari, si laurea in Medicina.  Torna  a Pietrapertosa per esercitare la professione ma l’ambiente è troppo  ristretto  per  le  sue  ambizioni.  Rientra  a  Napoli. Qui ottiene la cattedra  di  medicina  operatoria  e  di  chirurgia  teoretica.  E’  priamrio  ai Pellegrini  e  poi  agli  Incurabili,  praticando le più belle operazioni, oltre mille erniotomie  con  splendidi  risultati.  In  altre  parole  diventa  il  chirurgo per eccelenza  del  capoluogo  campano.  Osserva  ancora  Guidone: “non vi era consulta  al quale non  participasse; nessuno, si può dire, nasceva  o moriva senza  togliersi il gusto di farsi visitare od operare da un tanto uomo. Coluzzi riceve  grandi  elogi  dal  celebre chirurgo francese Bonnet che agli Incurabili assiste ad una delle sue operazioni. E’ altresì archiatra dei re Ferdinando II e Francesco  II  di Borbone. Assorbito  dal bisturi, non lascia opere scientifiche di  rilievo. Comunque, per i suoi tanti meriti, viene eletto socio ordinario della Reale  Accademia  Medico-chirurgica  di  Napoli. Muore a Napoli nel 1865, fra il rimpianto generale. Di lui parlano, oltre a Guidone e Marsico, Bozza, Gattini, De  Pilato,  Lipari,  T.  Pedio  e  G. Campolieti  nel  volume  “Il re bomba”  (A. Mondadori, 2001).

Luigi Coluzzi

Nacque  il  17  febbraio  del 1887 a Pietrapertosa. Frequenta il ginnasio-liceo nel convitto nazionale di Salerno e si laurea in medicina e chirurgia a Napoli il 5  agosto  1914  con  voti  altissimi. Partecipò al Primo conflitto Mondiale nel 1917  distinguendosi  per  la dedizione nel curare i feriti, tanto da meritare la promozione a  tenente medico e la croce di guerra. Per le sue benemerenze, legate anche al contributo offerto nel combattere  la “spagnola” (epidemia di tifo scoppiata a Melfi) viene insignito  della medaglia d’argento al Merito della Sanità Pubblica  e  nomminato  Commendatore  della  Corona  D’Italia e , successivamente, Cavaliere  dell’Ordine dei  SS. Maurizio e Lazzaro. Finita  la guerra,  Luigi Coluzzi, il 19 aprile 1919 torna nella sua condotta di Banzi, ove si  trattiene  fino  al  1925.  Dal  gennaio  1927  all’ottobre  1955  lavora  ad Avigliano,  centro  in  cui  lascia  “segni  indelebili della sua generosa attività e delle  sue  indiscusse qualità morali, umane e professionali che fanno di lui un personaggio non comune, meritevole di  imperitura riconoscenza da parte della … cittadinanza” (Gennaro Claps). Seguace  della clinica medica è molto disponibile con i pazienti, non si tira mai indietro anche quando è chiamato a svolgere  compiti  che  non  rientrano  tra  i  doveri  del medico condotto. Si dedica all’ostetricia, evitando alle gestanti il disagio del  ricovero in ospedale che non dispone di uno specifico reparto  ostetrico-ginecologico. Entra nelle case, si siede davanti al letto  del  malato,  lo  interroga  tranquillamente, fa un’accurata  visita  generale e gli prescrive i medicianli e la dieta da seguire. Ripassa,  nella  stessa  giornata,  per  sapere  se  ci sono miglioramenti. Non accetta  regali,  nè inviti  a  pranzo,  nè a cena da parte delle famiglie. Vive solo  in  Corso  Gianturco  in un modesto appartamento, pago dello stipendio che  gli  corrisponde  l’amministrazione  comunale.  Privilegia  l’amicizia di don Antonio  Labella.  Con  lui  si  incontra  di  frequente  discutendo di questioni letterarie. Nel 1930, allorchè sul Vulture si abbatte un terribile terremoto, da Avigliano  raggiunge  Melfi  per  prestare  il  suo  prezioso  aiuto  ai feriti. Nel settembre  del  1943  soccorre  le  vittime  dei  bombardamenti  di  Potenza operando  con mezzi di fortuna. Dopo il collocamento di pensione ha problemi di salute e ha bisogno di  continue cure. Per cui si ritira a Pietrapertosa dove è assistito  amorosamente  dai familiari. Muore il 17 marzo 1963. Nel 1991 la Giunta  comunale  di  Avigliano, “al  fine  di  perpetuare  il  suo  ricordo fra le giovani  generazioni”,  gli  dedica una strada.

Gerardo Coluzzi

Nacque  il  21 giugno del 1899 da Aniello e Rachele Belsani, nobildonna molto stimata.  Educato  dal  padre,  ingegnere,  vive  la  sua  fanciullezza  in un ambiente dove non mancano i libri. Per cui può affrontare la scuola superiore con serenità e  profitto,  nonostante  i  problemi  creati  dalla  Prima  Guerra Mondiale,  alla  quale  partecipa  in  qualità di  ufficiale. Insieme a molti altri giovani  lucani,  Coluzzi,  alunno  prediletto  del  Prof.  Leonardo  Coviello, frequenta la facoltà di Giurisprudenza  dell’Università di Napoli, dove si laurea il 7 dicembre  del 1922.  Avvocato, il 9 luglio 1923, viene iscritto nell’Albo dei Procuratori presso la Corte d’Appello  di Potenza, il 24 febbraio 1927 nell’Albo degli  Avvocati  e  il  27  marzo 1935  nell’Albo  speciale  per  la  difesa  in Cassazione e Giurisdizione Speciale. Primo discepolo di  Alfredo  De  Marsico, Gerardo  Coluzzi,  illustra  il  foro  di  Potenza in anni  difficili quali sono quelli rappresentati dal regime fascista. Esercita  la  professione con intelligenza e passione tanto che si rivolgono a  lui anche dai comuni limitrofi. Prende parte alla II Guerra  Mondiale  con il grado  di  capitano.  Ottiene  riconoscimenti importanti:  quelli  di  Gr. Uff.  motu proprio della Corona d’Italia, di cittadino onorario e cavaliere di Vittorio Veneto.  E poi: due Croci al Merito di Guerra e quattro Croci al valor miliatre e Gr. Uff. al  merito  della  Repubblica  Italiana. Questa  onoreficienza gli viene data da  Giovanni Leone il 27 dicembre 1976. Inoltre,  il  7  dicembre  1972  in  occasione  del  suo  cinquantesimo anno di laurea, il prof. Luigi Cariota Ferrara, Presidente della facoltà di giurisprudenza dell’univeristà   di    Napoli  “Federico  II”,  gli  conferisce  la  “Toga  d’Oro”.  Ai  suddetti  riconoscimenti  si  devono aggiugere infine le  numerose cariche ricoperte  di  presidente  e componente  di Consigli, nonchè di associazioni e commissioni    varie  (v. ad  es.  la  Commissioni Provinciale di Vigilanza sulle Cooperative  e  quella  riguardante  l’assegnazione  delle  Pensioni).  Gerardo Coluzzi muore il 17 aprile 1977 all’età di 78 anni.

Innocenzo Coluzzi

Il  Cavaliere  Dott.  Innocenzo Coluzzi partecipò alla spedizione dei Mille nella qualità di ufficiale Medico e fu insignito della croce di Cavaliere della Corona d’Italia  nel  1870  quale  eroico  ufficiale  e  Sindaco  di Pietrapertosa.
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